Un nuovo approccio all’antropologia politica emerge dalle riflessioni di Ernesto Maria Ruffini, autore del saggio Più uno, presentato a San Cataldo durante un evento organizzato dal Centro Studi “A. Cammarata” sotto la direzione di Don Massimo Naro. L’auditorium della BCC Toniolo e S. Michele era gremito e immerso in un silenzio attento, mentre Ruffini condivideva la sua visione, preceduto dagli interventi di Pierluigi Castagnetti, Giuseppe Sangiorgi e Giuseppe Alberto Falci. Parole che, per molti dei presenti, riecheggiavano attese rimaste a lungo inascoltate, ravvivando una speranza ormai affievolita.
Questa speranza, Ruffini la rinnova con pacata determinazione, proponendo una concezione di cittadinanza come responsabilità assoluta e quotidiana verso il bene comune. Un concetto che va oltre il semplice bene pubblico, rappresentando tutto ciò che consente alla comunità di prosperare al di fuori degli interessi personali e degli egoismi individuali, valorizzando il “noi” sopra l’“io”.
Ruffini richiama con forza il pensiero cristiano nella sua essenza storica, superando l’individualismo liberale e il capitalismo estremo. Rivendica la peculiarità della Costituzione italiana, unica al mondo nel porre al centro la parola “persona”. Quest’ultima, spiega Ruffini, trae origine dal teatro antico, dove indicava la maschera dell’attore, e diventa in politica il simbolo della capacità di entrare in empatia con gli altri, comprendendone necessità, desideri e speranze, per costruire una società capace di promuovere il benessere collettivo.
“La politica non è un condominio con due scale,” afferma Ruffini, sottolineando la necessità di un approccio paziente e inclusivo. Velocità ed efficienza, da sole, rischiano di celare forme di autoritarismo. Una vera classe dirigente deve invece saper guidare l’intera società, rispettandone le differenze e considerandole una risorsa preziosa per la democrazia.
Ruffini evidenzia inoltre come il valore delle libertà democratiche sia imprescindibile, ricordando la lezione della Resistenza, in cui minoranze determinate, come i 300.000 partigiani, hanno cambiato il corso della storia in un’Italia di 46 milioni di abitanti. Questa memoria offre una risposta ai tempi odierni, segnati da disinteresse politico e sfiducia nelle istituzioni: prepararsi e assumersi pienamente la responsabilità delle proprie azioni verso la comunità, proprio come fecero i padri e le madri Costituenti dopo la dittatura, progettando una società basata su uguaglianza e democrazia.
Durante l’incontro si è respirato un clima diverso, carico di consapevolezza e speranza, ma anche dell’urgenza di un impegno concreto per preservare la democrazia e la libertà. Questo cammino, però, richiede una scelta individuale: un ritorno all’impegno sociale e politico come dovere imprescindibile. Non basta un nuovo leader; serve una partecipazione collettiva per costruire una politica fondata su una rinnovata antropologia sociale.
La filosofia di Ruffini si riassume in un motto: “Ogni giorno più uno!” Un invito a vivere la cittadinanza con responsabilità, evitando di delegare passivamente, ma esercitando direttamente la propria sovranità. La parabola evangelica del seminatore, che sparge semi su terreni diversi, diventa una metafora potente: solo la terra fertile, ossia l’impegno consapevole, può far germogliare il cambiamento.