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Funerali Sara Campanella, l’arcivescovo Lorefice: “Nel corpo di Sarà piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza, la morte”

Funerali Sara Campanella, l’arcivescovo Lorefice: “Nel corpo di Sarà piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza, la morte”

“Solo l’amore ci salverà”: l’ultimo abbraccio a Sara Campanella, vittima di una violenza che interpella tutti. In una Chiesa Madre gremita di silenzio e lacrime, l’intera comunità di Misilmeri si è stretta attorno alla famiglia Campanella per dare l’ultimo saluto a Sara, la giovane universitaria brutalmente uccisa a Messina da un collega di corso. A presiedere le esequie, l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, autore di un’omelia che è un potente grido di dolore, di denuncia e di speranza.

Parole che aprono una ferita mai rimarginata, quella dei femminicidi, ma anche una profonda riflessione sul dramma della violenza, soprattutto quella che ancora oggi si abbatte con crudeltà sulle donne: “Siamo qui, sconvolti. Senza parole. Dinnanzi al corpo di Sara. Corpo martoriato. Sacrificato. Vita che ci è stata rubata – ha detto Lorefice nella sua omelia – Nel corpo di Sara piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza, la morte. Non ci sono parole per consolare il vostro strazio, cari genitori. Siamo in silenzio con voi. E vi doniamo le nostre lacrime. L’intera famiglia umana oggi piange Sara. E noi qui, stamattina, anzitutto la consegniamo ad un Corpo che è stato anch’esso martoriato e ucciso: il Corpo crocifisso di Gesù di Nazareth. Ucciso con violenza da uomini che non sapevano quello che facevano (cfr Lc 23,34). Perché chiunque è violento non sa che la violenza ha la forza distruttiva di una bomba all’idrogeno: provoca una deflagrazione a cascata. Nel costato di Cristo, aperto e trafitto con violenza, entrano tutti i cuori lacerati dalla violenza. I cuori lacerati dei familiari di Sara. I cuori di noi tutti. Non abbiamo parole da darvi, sorelle e fratelli. Solo un Corpo, un Cuore, dentro il quale piangere il dolore senza fine della vostra e nostra ‘piccola’ Sara”.

Quelle dell’arcivescovo non sono parole di consolazione, bensì sono parole che offrono un silenzio solidale e uno sguardo al cuore trafitto di Cristo, dove – dice – trovano rifugio tutti i dolori del mondo. Un grido il suo, di denuncia morale e civile: ogni violenza, afferma l’arcivescovo, è un fallimento dell’intera società: “Ogni forma di violenza, per qualsiasi motivo si scateni, è sempre un fallimento che riguarda tutti. Dice il raffreddamento dell’amore nei cuori di molti. […] L’amore non uccide. È assurdo”. Proprio così, è assurdo morire in queste circostanze, impossibile, dovrebbe essere totalmente estraneo all’intelletto umano, uccidere è una indefinibile vergogna umana.

Nel cuore dell’omelia, Lorefice si è fatto portavoce di un sogno, che è anche un impegno civile e spirituale: costruire una città più giusta, più accogliente, dove l’amore sia la regola e non l’eccezione. Richiama quindi le parole di Papa Francesco, quando immagina una società che “rispetta la vita e offre speranze di vita […] dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura, dove sposarsi e avere figli non è un problema“, un invito rivolto a tutti: ai credenti e ai non credenti, ai cittadini, ai responsabili pubblici, alle nuove generazioni: “Scegliamo il sogno di Cristo. Il sogno dell’amore. Lo dobbiamo a Sara e a tutte le vittime dell’odio e della violenza”.

Sara Campanella non sarà dimenticata. Coloro che hanno il potere nelle mani, le istituzioni, facciano qualcosa di urgente per porre fine a questa turpe, ignobile, vergongosa mattanza di esseri umani.

Giovanni Azzara

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