Ritrovato tra le collezioni della Kunstbibliothek di Berlino, un disegno a matita su carta realizzato dall’architetto tedesco Robert Wimmer (Hohnstein 1829 – Dresda 1907) durante il suo soggiorno in Italia tra il 1850 ed il 1852.
Il foglio, che riporta il numero d’inventario OZ 160,364 e misura circa 25×17,4 cm, mostra una bella ed insolita veduta dell’Osterio piccolo sito in Corso Ruggiero a Cefalù e riporta la data 1° maggio 1851.
Nel disegno possiamo osservare come l’edificio sia raffigurato insieme alla sua torre, che solo intorno al XVII secolo diverrà campanile della chiesa della Santissima Annunziata, con tetto a cuspide e merli a coda di rondine. Nonostante le alterazioni, nel 1851, si potevano ancora scorgere il portale ad arco ogivale tompagnato (probabile ex bottega) e, al primo piano, la caratteristica doppia bifora parzialmente murata e trasformata in balconcino con ringhiera a petto d’oca. Al secondo ed ultimo piano, due semplici aperture conducevano al balcone che si sviluppava perimetralmente fino alla via Caracciolo.
Lo storico edificio, che per tradizione viene chiamato Osterio piccoloi, di probabile fondazione ventimigliana, venne pesantemente manomesso negli anni 1887-88, allorquando, minacciando rovina l’intero muro del prospetto su Corso Ruggiero, si rese necessario demolire tutto il primo e secondo piano onde evitare danni a persone o cose. Durante questi interventi venne realizzato il piano ammezzato e innalzato l’edificio di un ulteriore piano.
Ad adoperarsi affinché restasse memoria dell’antico edificio fu il sottoprefetto di allora, lo storico e patriota termitano cav. Rosario Salvo di Pietraganziliii che così ce lo descrive:
“fanno ancora mostra due belle finestre dagli archi acuti ed altre simpatiche sculture. Era l’Osterio stesso dove i Calderera avevano avuto il maltalento d’aprire un balcone. […] Osservavasi […] lo stemma in marmo dei Ventimiglia che rappresentava l’agnello con sopra la bandiera con la croce.”
Purtroppo, nonostante gli sforzi compiuti dal sottoprefetto e dal sindaco di allora, il patriota comm. Carlo Botta, mancando alle casse comunali i soldi per poter affrontare l’acquisto dell’immobile, ricorse a malincuore alla parziale demolizione. Rimase, unica superstite del grandioso passato, la mutila bifora di via Caracciolo, simile per tipologia e cromia a quelle del palazzetto bicromo del collaterale Osterio magno.
Volendo rendere l’ultimo omaggio ai creatori dell’opera, il Pietraganzili decise di far eseguire una fotografia al signor Michele Brocato, pioniere della fotografia a Cefalù, pregando il sindaco Botta di acquistare per il comune tutti i pezzi che componevano le finestre che trovarono pronto deposito presso i locali comunali.
“Questo degno amministratore mi si è mostrato sempre volenteroso e gentile; e per mezzo suo posso diredi esserci rimasto almeno il ricordo del patrio monumento.”
Passarono gli anni ed il 1° settembre 1935, la sede del municipio traslocò presso i locali dell’ex ospedale civico, trasferendosi dalla sede di Via Municipio (oggi via G. Amendola), a quella di Corso Ruggiero (oggi Corte delle Stelle)iii. Durante il trasloco vennero spostati anche i materiali in deposito presso la struttura comunale.
Sfortunatamente, all’alba del 17 aprile 1964iv, dopo 24 ore dall’inizio di alcuni lavori di demolizione, il palazzo comunale crollò spontaneamente, seppellendo con sé tutti i pezzi del palazzetto medievale che fino ad allora erano stati gelosamente custoditi. Questi, mescolandosi tra le macerie, non riuscirono più ad essere recuperati. Ebbe a scrivere profeticamente il Pietraganzili:
“Ma è egli permesso di manomettere così impunemente, anche se di privati, i preziosi ricordi dell’arte? Perché non v’ha legge che impedisce i barbari attentati?
Io sarei proprio crudele: taglierei le mani ai profanatori del nostro antico incivilimento. Guardo con gelosa cura codeste italiane glorie che ci vengono meno di giorno in giorno, e vorrei, se possibile, coprirle così da non esser toccate.
Eppure, chi sa, se di questi preziosi avanzi, così come sono, non resterà da qui a non molto se non il solo ricordo che io consacro in queste pagine!”
L’edificio, passato negli ultimi cento anni di proprietà in proprietà e frazionato in diverse unità, oggi presenta al pianterreno un’attività commerciale, al piano ammezzato un’abitazione privata, al primo piano uno studio professionale e al secondo e terzo piano altre abitazioni private.
Se non fosse per la tabella che ne indica il nome, si presenterebbe anonimo agli occhi della popolazione.
Possa questo mio piccolo contributo essere ulteriore testimonianza per la conoscenza della storia di questo enigmatico e sempre ammirato edificio.
Salvatore Varzi
Note
i Giuseppe Antista, La committenza dei Ventimiglia a Cefalù: città e architettura (1247-1398), Palermo, Edizioni Caracol, 2017, pp. 82-83.
ii Rosario Salvo di Pietraganzili, Cefalù: La sua origine e i suoi monumenti, Palermo, Il Tempo, 1888, pp.171-185.
Michele Bellipanni, La sorte del nostro patrimonio culturale, l’Osterio piccolo, in «Il Corriere delle Madonie», 15 marzo 1990, p. 2.
iii Nico Marino, Compendio di note, appunti, indicazioni e documenti sulla storia di Cefalù, Cefalù, CD-ROM, MP Grafica, 2005, p. 66.
iv Domenico Portera, Crolla l’ex-Palazzo Comunale, in «Il Corriere delle Madonie», 5 maggio 1964, p. 4.

M. Brocato, Cefalù, anno 1887-88, Fototeca Varzi

R. Wimmer, Cefalù, 1° maggio 1851, Kunstbibliothek
Lascia un commento