South Working Castelbuono: una grande speranza per il futuro del nostro territorio, condivisione e lavoro

South Working Castelbuono: una grande speranza per il futuro del nostro territorio, condivisione e lavoro

South Working Castelbuono è un progetto che nasce ufficialmente il 3 febbraio 2021, ma la sua genesi risale a un periodo precedente, quando l’idea di un co-working pubblico è stata concepita per rispondere a un bisogno crescente di spazi di lavoro condivisi e collaborativi. Dopo un lungo percorso di riflessione e progettazione, l’iniziativa è stata formalizzata attraverso un protocollo di intesa tra il Comune di Castelbuono e il Museo Naturalistico di Castelbuono, struttura che ospita il co-working pubblico insieme alla parrocchia e il chiostro di San Francesco.

L’idea alla base del progetto è semplice ma ambiziosa: creare uno spazio di lavoro che sia non solo funzionale ma anche inclusivo, accessibile a chiunque voglia far parte di una comunità professionale. Il co-working, infatti, non è solo un luogo fisico dove lavorare, ma un ambiente che stimola la collaborazione, la creatività e l’innovazione. Un luogo dove professionisti e lavoratori indipendenti possono incontrarsi, confrontarsi e sviluppare progetti comuni, arricchendo così il tessuto sociale ed economico della comunità.

Un aspetto fondamentale di South Working Castelbuono è la sua natura pubblica. Non si tratta di uno spazio commerciale, ma di un’iniziativa che si inserisce in un contesto pubblico, gestito da un’associazione no-profit che è stata appositamente fondata: Social Green Hub. L’associazione ha l’obiettivo di promuovere l’accessibilità e la sostenibilità, creando opportunità per la crescita professionale e per la valorizzazione del territorio, in particolare delle aree meno centrali rispetto ai grandi poli urbani.

Fin dalla sua nascita, South Working Castelbuono ha cercato di rispondere alle esigenze di un mondo del lavoro in continua evoluzione, dove il concetto di “smart working” e di mobilità lavorativa sta cambiando radicalmente. L’idea è di attrarre professionisti da fuori, che cercano un luogo tranquillo e stimolante dove lavorare, ma anche di offrire un’opportunità a chi vive sul territorio di Castelbuono e dintorni, creando nuove possibilità di impiego e di crescita professionale senza doversi spostare lontano da casa.

Quasi quattro anni dopo il suo lancio ufficiale, il progetto ha visto crescere non solo il numero di utenti, ma anche il suo impatto sul territorio. Molti professionisti, imprenditori e freelance hanno scelto South Working Castelbuono come base operativa, contribuendo a trasformare il co-working in un punto di riferimento per l’intera area.

Lavorare in smart con aziende presenti dall’altro capo del mondo

Su questo, abbiamo parlato con Fabrizio Barreca, responsabile operativo del progetto:

“Questa associazione no profit – ci spiega – ha lo scopo, oltre ad aver creato, mantenere, gestire e sviluppare questo co-working, ha la missione di cercare e generare innovazione a Castelbuono. Fino ad oggi, i risultati degli ultimi quattro anni ci dicono che da questo posto sono passate oltre 550 persone, oggi gli utenti attivi sono circa 250. Nel tempo c’è stato un vero e proprio turnover di persone e l’impatto statisticamente studiato è che le persone hanno triplicato il loro periodo di permanenza a Castelbuono, perché nei vari momenti dell’anno in cui le persone che lavorano tendenzialmente in smart working sono persone che generalmente vivevano o vivono ancora in grandi città e negli spostamenti che fanno verso Castelbuono per l’estate, per Natale, per i ponti etc., (prima venivano in vacanza e poi tornavano nelle città), adesso sostanzialmente hanno triplicato il loro periodo di permanenza a Castelbuono perché allungano sia in anticipo che dopo le vacanze la loro permanenza. Oltre questo, abbiamo attivato anche una sorta di opportunità per le aziende, tendenzialmente sono tutte aziende tecnologiche, quindi innovative, questa possibilità di fare dei team building a Castelbuono. Ad oggi nell’ultimo anno, sostanzialmente in un anno, sono tre le aziende che sono arrivate a Castelbuono, tutte innovative che svolgono attività di tipo tecnologico, l’ultima è stata qui in questi ultimi giorni per quattro giorni, le altre due sono state qui per sei giorni. Chiaramente questo ha impatti, (a parte gli impatti economici ovviamente che il co-work in genere ha proprio per la presenza degli utenti , poi per la presenza di queste aziende), ma anche impatti reputazionali, impatti fondamentalmente di innovazione per Castelbuono“.

Il ruolo fondamentale della parrocchia

“Il ruolo della parrocchia locale è stato molto importante – prosegue Barreca – perché all’interno del chiostro di “San Francesco” c’è uno spazio, c’è una sala sostanzialmente molto grande, che è di proprietà della chiesa, che la parrocchia locale, Don Marcello a settembre ci ha dato la possibilità di utilizzare e più precisamente questo spazio è uno spazio che era sostanzialmente una stanza vuota, noi l’abbiamo allestita di tutto punto di vista della tecnologia, dell’impianto elettrico, degli arredi e ha avuto un contributo molto importante per noi perché oggi prima di quello spazio le postazioni di co-working erano 30, che sono un buon numero, un ottimo numero per un piccolo centro, ma grazie a questo spazio nella chiesa l’abbiamo duplicate, sono quasi 60. Questo ci ha permesso per esempio a settembre, di poter ospitare quasi 70 persone per sei giorni, cosa che non avremmo mai potuto fare se non ci fosse stata la disponibilità, la collaborazione e la parrocchia locale. Idem in quest’ultima occasione in cui sono venute circa 35 persone e anche quell’altro spazio è stato molto importante per noi perché sono stati distribuiti tutte queste persone fra il co-working di 30 posti e quello di altri 30 posti, qui fondamentalmente è necessario che ci stiamo anche noi che sostanzialmente ci occupiamo del progetto e la sintesi sostanzialmente di questo progetto è questa”.

Speranze per il futuro

“La nostra speranza – conclude Barreca – è anche cercare di contribuire al ripopolamento di Castelbuono e poi magari anche delle Madonie, che possono prendere spunto dal caso Castelbuono, perché pensiamo che le persone che lavorano in smart working sono le prime che nel breve periodo possono essere in grado di spostarsi, poiché il lavoro lo portano con sé nello zainetto, quindi non si spostano per cercare lavoro, ma si spostano sostanzialmente per cercare maggiore benessere personale, affinché questo fenomeno si verifichi necessariamente, ovviamente sono necessarie tante altre cose, la mobilità, una migliore serenità, migliori servizi etc., però sicuramente il fatto che esista un centro in cui queste persone possono lavorare e possono anche incontrare altre persone simili a loro che gli permettano di velocizzare, accelerare il processo di integrazione all’interno della comunità, è certamente un valore da non sottovalutare. Questo si è verificato già, ci sono degli episodi, non possiamo definirlo un fenomeno ancora, ci sono tre coppie, di cui una italiana, un’altra coppia straniera e un’altra iberica, perché lui è straniero e lei è italiana, che si sono spostate a Castelbuono e hanno già acquistato casa o sono in fase di acquisto casa, tutto questo grazie sicuramente a Castelbuono perché è un posto meraviglioso, ma anche al fatto che hanno avuto la possibilità di incontrare delle persone con le quali potersi interfacciare subito e potersi integrare immediatamente all’interno della comunità. Oltre al fatto di avere degli spazi di lavoro professionali, affidabili e con elevati livelli di sicurezza informatica che appunto diano una certa serenità nello svolgimento di quella che è una delle cose più importanti della vita, che è il lavoro”.

Giovanni Azzara

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