In una Piazza San Pietro avvolta da un silenzio che parlava più di ogni parola, migliaia di fedeli si sono stretti attorno a Papa Francesco, nel giorno del suo ultimo viaggio terreno.
L’omelia pronunciata dal cardinale Giovanni Battista Re è stata un commosso inno alla vita di Jorge Mario Bergoglio, il Papa venuto “quasi dalla fine del mondo”, che ha portato la Chiesa a ripensarsi come casa per tutti, ospedale da campo, madre misericordiosa. “Il plebiscito di affetto che ha avvolto questi giorni – ha detto il cardinale – ci dice quanto il suo Pontificato abbia toccato le menti e i cuori”. E ha aggiunto: “Caro Papa Francesco, ora chiediamo a te di pregare per noi, come tante volte tu hai chiesto a noi di pregare per te”.
L’inizio: Lampedusa, il grido degli ultimi
Tra i tanti gesti che segnarono i primi passi del suo pontificato, uno resta impresso come un sigillo sulla sua missione: la visita a Lampedusa, l’8 luglio 2013.
Quel viaggio, compiuto quasi in sordina e senza protocolli solenni, fu il primo atto pubblico che mostrò al mondo il cuore di Francesco: un cuore spalancato sulle tragedie dell’umanità nascosta. Davanti ai resti di barconi sventrati dal mare, circondato dalle bare di uomini, donne e bambini morti tentando di attraversare il Mediterraneo, il Papa non trattenne le lacrime. Celebrò una Messa sobria, durissima nelle parole: denunciò “la globalizzazione dell’indifferenza” che aveva reso i popoli incapaci di piangere per i fratelli perduti. Quel giorno, Papa Francesco gettò un seme destinato a germogliare in tutto il suo pontificato: la centralità degli ultimi, dei migranti, dei dimenticati.
Il suo sguardo non fu mai quello di un leader dall’alto, ma di un pastore chinato sulle ferite degli uomini. Lampedusa non fu un’eccezione: fu l’inizio di una Chiesa che cammina tra la polvere e il sangue della storia.
Un pontificato guidato dalla misericordia e dalla voglia di Pace
Nel corso dei dodici anni successivi, Francesco ha seminato misericordia, fraternità, pace. Ha aperto il Giubileo Straordinario della Misericordia, ha scritto pagine di luce come l’enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune e Fratelli tutti sulla fraternità universale. Ha ricordato incessantemente che Dio “non si stanca mai di perdonare”, e che la Chiesa deve assomigliare sempre più a un rifugio per i feriti che a una cittadella per i perfetti.
La sua voce è stata voce di chi non ha voce: migranti, poveri, profughi, vittime delle guerre dimenticate. Da Lesbo al confine tra Messico e Stati Uniti, dal martoriato Iraq fino alle periferie asiatiche, Francesco ha testimoniato con la sua stessa persona che la Chiesa non può restare chiusa tra mura di pietra: deve essere una tenda aperta. In anni segnati da conflitti sanguinosi e ingiustizie, Francesco non ha mai smesso di gridare la follia della guerra. Con parole semplici e tremende, ripeteva: “La guerra è sempre una sconfitta”. Chiedeva ponti, non muri. Ragionevolezza, non orgoglio. Dialogo, non odio. Il suo pontificato è stato un lungo, appassionato tentativo di ricucire le ferite del mondo, anche là dove sembravano irrimediabili.
Un ultimo abbraccio
Ora che la sua voce si è spenta sulla terra, il suo messaggio resta più vivo che mai. “È stato un Papa vicino, spontaneo, umile“, ha ricordato il cardinale Re. “Un uomo capace di accendere speranze e di parlare al cuore, anche a chi era lontano“. In un’epoca in cui tutto sembra frantumarsi nella velocità e nell’indifferenza, Francesco ha indicato un altro modo di essere uomini e cristiani: camminare insieme, portare il peso gli uni degli altri, saper piangere, saper abbracciare. Domenica scorsa, nella sua ultima benedizione pasquale dal balcone di San Pietro, Papa Francesco aveva salutato il mondo ancora una volta con un sorriso stanco e luminoso.
Quell’immagine resterà impressa nei cuori: non un addio, ma un ultimo abbraccio, quello di un padre che, anche nella fragilità, non ha mai smesso di amare.
Oggi, il mondo intero risponde al suo invito: “Non dimenticatevi di pregare per me”. E chiede a lui, ora, di pregare dal cielo per un’umanità ancora assetata di misericordia, di verità, di pace.
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