Un grido di aiuto!
Una lettera aperta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alle autorità regionali per denunciare la grave situazione del territorio diocesano. Si tratta di un vero e proprio grido di allarme lanciato da S.E.R. monsignor Giuseppe Schillaci, nel quale evidenzia a “gran voce”, l’emergenza ambientale e sociale che minaccia il territorio, sottolineando come i cambiamenti climatici, la desertificazione e la crisi idrica si sommino a un progressivo impoverimento infrastrutturale, economico e demografico. Lettera, che fa seguito ai tanti appelli di S.E.R. monsignor Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù.
Nella lettera, lunga tre pagine, il presule lamenta il crescente spopolamento, con oltre 1.500 persone che ogni anno lasciano la regione per mancanza di lavoro, servizi e prospettive. Denuncia il degrado delle infrastrutture, la chiusura di tribunali e ospedali, il dissesto delle strade e l’assenza di collegamenti ferroviari e universitari. Accusa inoltre alle istituzioni di aver abbandonato la popolazione locale, non garantendo neppure il diritto fondamentale all’acqua, che in Sicilia porta a costi esorbitanti per i cittadini.
Un J’Accuse che non vuole essere una critica, bensì un richiamo forte e deciso all’attenzione sulla necessità di una programmazione politica concreta per evitare che la Sicilia interna diventi un deserto, sia fisicamente che socialmente. Per tal motivo, il vescovo Schillaci ha proposto 10 punti da poter attuare per “invertire la rotta”, ecco quali:
- Promuovere un disegno di legge regionale di iniziativa popolare che reinterpreti l’intero sistema di gestione delle risorse idriche, tenuto conto della situazione fallimentare degli ultimi decenni (la proposta, come previsto per legge, deve essere firmata da almeno 10.000 cittadini o presentata da almeno 40 consigli comunali, in modo da rappresentare non meno del 10% della popolazione siciliana).
- Proporre, a tutti i livelli e con i mezzi di comunicazione più idonei, (oltre che nel disegno di legge), l’istituzione di una tariffa unica regionale, per contrastare il caro bollette, oggi divenuto insostenibile per famiglie e operatori economici di qualsiasi categoria (non è possibile pagare l’acqua più che a Milano).
- Affidare alle Università, valorizzando le competenze di docenti e ricercatori, la mappatura dettagliata delle risorse gia disponibili (dighe, pozzi, etc.) e uno studio sull’introduzione di infrastrutture moderne, come diffusi bacini di raccolta, impianti di desalinizzazione di piccola-media taglia, meno costosi e molto meno energivori rispetto alle megastrutture del passato.
- Creare un comitato unico per aree geografiche (entilocali, movimenti, comitati, associazioni), con il compito di monitorare lo stato di manutenzione delle reti idriche esistenti, segnalando perdite e guasti, al fine di ridurre gli sprechi, che in alcune aree superano il 50%.
- Sollecitare le Istituzioni ad ogni livello, perché si introduca un piano pluriennale per la pulizia dei fiumi e dei torrenti che alimentano gli invasi, di piantumazione mirata e di salvaguardia dell’ecosistema, sia in relazione alla flora e fauna, sia rispetto alle opere di sistemazione idraulico-
forestale del territorio. - Promuovere un piano costantemente verificabile di riuso delle acque reflue depurate e qualsiasi iniziativa a sostegno dell’irrigazione dei campi in agricoltura. Sostenere e incentivare l’imprenditoria agricola esistente, rispetto ai vari bisogni produttivi, di coltivazione e allevamento, promuovendo il ritorno dei giovani alla campagna, attraverso formazione, utilizzo di incentivi (es. microcredito) e bandi.
- Adozione di tecnologie di irrigazione avanzate e a basso consumo, coinvolgendo imprese del territorio regionale all’avanguardia (e.g. IRRITEC).
- Coinvolgere le scuole, le parrocchie, le associazioni giovanili (e.g. Legambiente, Scout, Azione Cattolica), al fine di creare progetti concreti di educazione al risparmio idrico, favorendo la cultura della sostenibilità ambientale (nuovi stili di vita).
- Promuovere la costituzione di “comunità energetiche” in collaborazione con la Diocesi di Treviso e la
3SUN di Catania. - Garantire l’accesso equo all’acqua come diritto fondamentale di tutti, attraverso un “patto sociale” tra cittadini, famiglie, scuole, strutture sanitarie, aziende agricole, commercianti, ristoratori, operatori turistici, associazioni, enti locali, promuovendo una visione ispirata ai principi di solidarietà e sussidiarietà (l’opposto della “guerra tra poveri”).
Diocesi di Cefalù e Nicosia: sorelle in cammino
Problemi abbondantemente sollevati già anni addietro dal nostro vescovo S.E.R. monsignor Giuseppe Marciante. I problemi del nostro territorio, sono obiettivamente complementari con quelli enunciati dal vescovo Schillaci, uno su tutti è sicuramente la fuga dei giovani che fuggono in cerca di un futuro migliore, l’overtourism, fenomeno in crescita di anno in anno, e la mancanza di acqua: “Le nostre coscienze di uomini, – ha detto Marciante durante il discorso alla città di Cefalù in occasione del Santissimo Salvatore 2024 – di cittadini e di cristiani hanno urgente bisogno di essere bagnate e irrigate dal senso di responsabilità personale e comunitario. Dalle acque che sgorgano dalla sorgente del bene comune, ultimamente sempre più difficile a trovarsi, perché coperta dalle pietre, dalle spine e dai rovi dei nostri egoismi, opportunismi e individualismi. Donaci Tu quella sapienza che ci è utile per comprendere che il dramma dell’attuale situazione idrica, è aggravato da deficienze strutturali e da manutenzione carente. Si spreca oltre il 50% delle risorse idriche tra continui guasti e condutture vetuste, mentre sempre più cittadini devono fare ricorso alle autobotti il cui costo è triplicato. Nelle nostre Madonie esiste l’incompiuta diga di Blufi, un vero e proprio “monumento dello spreco”. Quest’opera avrebbe dovuto raccogliere le acque del fiume Imera e così dissetare le province che soffrono maggiormente la siccità: Agrigento, Caltanissetta ed Enna”.
“La pazienza ha sempre un limite”, sottolinea ancora Schillaci, prima di rivolgere un invito alle autorità: “veniteci a trovare, per rendervi conto della situazione in cui viviamo. Vi daremo numeri, statistiche, foto, video, bollette, che comprovano quanto scritto. Saremo ben lieti di mostrarvi quelle che chiamare strade è un eufemismo, di farvi vedere le nostre condotte colabrodo, il colore dell’acqua che fuoriesce dai nostri rubinetti, i nostri ospedali perennemente sottorganico. Mi fermo qui. Parafrasando le parole di Don Peppe Diana: l’amore per il mio popolo mi induce a non tacere oltre”.
Parole che invitano ad una riflessione profonda, che la Chiesa di Sicilia vuole far sentire a gran voce per il futuro di questa terra che al di là dell’odi et amo che ogni siciliano porta nel suo cuore, è stata culla di culture e popoli che hanno lasciato solo il meglio del loro bagaglio culturale e che adesso merita di essere valorizzata, custodita e rilanciata. Quello dei due vescovi è un appello fermo e accorato affinché istituzioni e cittadini si uniscano in un impegno concreto per invertire il declino e restituire a questa terra il futuro che le spetta. La Sicilia non può rassegnarsi alla desertificazione, né ambientale né sociale: è tempo di trasformare le parole in azioni, per un domani di speranza e di rinascita.
Giovanni Azzara
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